La mia decisione di consentire a Marcianise la didattica in presenza per materne, elementari e medie a partire da mercoledì 9 dicembre ha provocato molte reazioni. Non mi sorprendo, perché mi rendo conto che il tema covid è molto sentito (giustamente) e perché diventa sempre molto complicato contemperare due interessi, entrambi molto importanti: il diritto a star bene e il diritto allo studio. Ma è necessario fare alcune precisazioni, per rispetto non dei leoni da tastiera che continuano a scrivere e a parlare a vanvera, ma di quelli che hanno espresso argomentazioni pacate ed intelligentemente articolate, anche di dissenso.
1) Il sindaco di Marcianise non ha fatto altro che annunciare, con qualche giorno di anticipo per non provocare ulteriori problemi organizzativi al mondo della scuola e alle famiglie, che non avrebbe firmato alcuna ordinanza di chiusura a partire dal 9 dicembre. Cioè, a monte vi sono provvedimenti motivati del governo nazionale e regionale, sulla scorta delle articolate argomentazioni delle autorità sanitarie. Quindi, il sindaco viene buon ultimo: qualsiasi sindaco d’Italia, non solo quello di Marcianise. Sarà pure il più cattivo d’Italia, ma è semplicemente un sindaco che opera nell’ambito delle leggi italiane e che quando decide di dover deviare da esse lo deve fare in base a presupposti previsti dalla legge stessa. Non si alza la mattina e fa quello che vuole, non è il padrone di una città.
2) L’annuncio che ho fatto ieri fa seguito ad una riunione con i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi cittadini e quindi con coloro che gestiscono la scuola, dalle materne alle medie, a Marcianise. Tutti, dico tutti, si sono detti d’accordo per il riavvio della didattica in presenza. Tutti, dico tutti, nelle settimane scorse, in riunioni analoghe alla vigilia dei miei decreti di chiusura, si erano detti allora contrari a riaprire. Tutti, e ribadisco tutti, hanno sottolineato che a loro giudizio la situazione è cambiata.
3) Ho ripetutamente sollecitato durante tali riunioni i dirigenti scolastici ad attivarsi perché ogni decisione fosse quanto più ampiamente partecipata al proprio contesto di appartenenza, tramite i consigli di classe e i consigli d’istituto. Ho ripetutamente sollecitato, in via informale, i genitori ad assumere decisioni ufficiali, certificate, su questo tema. Attraverso, appunto, i consigli d’istituto dove la componente genitori è prevalente e importante. Non ho avuto mai alcun riscontro. Solo chiacchiere in libertà.
4) In queste settimane ho soltanto ricevuto quattro, ripeto quattro, mail da indirizzi privati con l’invito a procrastinare la didattica a distanza. Le mail sono state firmate genericamente “I genitori degli alunni della classe…”: il presunto mittente è riferito, ripeto, a quattro classi. Mi permetto di dire che un amministratore pubblico ascolta tutti ma legge e riceve atti. E produce a sua volta atti, non carta per contenere i lupini. Cioè esistono delle procedure che andrebbero seguite, quanto meno.
5) In questo impazzimento generale, e scusate se uso tale termine pur consapevole che sono comprensibili i timori dei genitori, ho ricevuto numerose telefonate e numerosi messaggi (anche in queste ore) da genitori che plaudivano alla mia posizione, ritenendo che anche a Marcianise bisogna ritornare in classe, come sta accadendo in moltissimi posti d’Italia (e del mondo, aggiungo).
Che dire? Auspico vivamente che il mondo della scuola – nel suo insieme – abbia un sussulto di dovuta e doverosa riflessione e sappia trasmettere un messaggio univoco, organizzato, chiaro, formalmente corretto. Si organizzi e lo faccia in modo celere, se vuole. Si riuniscano, anche oggi, i consigli d’istituto e preparino un documento (che peraltro smentisce i loro dirigenti). Per quanto mi riguarda, esaminerò ogni eventuale argomentazione che sia fondata e che, soprattutto, rappresenti la volontà non di una sparuta minoranza ma della stragrande maggioranza, come deve sempre avvenire in democrazia. Aggiungo che oggi sono regolarmente al Comune, pur di sabato, e quindi sono al lavoro.
Auspico vivamente di non essere più aggredito, come mi sta capitando in queste ore, e che ogni dissenso sia espresso in una forma quanto meno civile. Devo dire che lo sviluppo della discussione non trasmette un bell’esempio per i nostri ragazzi: invochiamo sempre le ragioni e sottolineiamo l’obbligo dei grandi a prendersi cura dei più piccoli e dei giovani, ma poi siamo bravissimi nel manifestare ad ogni piè sospinto la nostra immaturità. E’ un segno, purtroppo, dei tempi. Lo dico non da sindaco, ma da genitore.